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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-08-26ad oggi 2010-08-28 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)

Un ordigno è esploso sotto l'abitazione di Salvatore Di Landro. L'esplosione non ha però causato feriti

REGGIO CALABRIA - Un ordigno è stato fatto esplodere davanti al portone dell'abitazione del procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro. L'esplosione ha mandato in frantumi i vetri delle finestre della casa del magistrato, che abita in un condominio, e di altre abitazioni vicine. Al momento della deflagrazione Di Landro si trovava in casa insieme alla moglie. Nessuno è rimasto ferito.

IL MESSAGGIO DI NAPOLITANO - Appresa la notizia, il presidente della Repubblica ha manifestato a Di Landro i suoi sentimenti di solidarietà e la vicinanza del Paese. Il Capo dello Stato ha, nell'occasione, ribadito il "convinto apprezzamento già espresso per l'impegno e la professionalità della magistratura reggina, insieme alle forze dell'ordine, nel dare sviluppi e ottenere risultati senza precedenti nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata facente capo all'ndrangheta".

ST

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Dalessandro Giacomo

41° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

 

 

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto,

pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio.

Per conoscer le mie idee Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF

Il mio commento sull'argomento di Oggi è :

……………………..

Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-08-25 ad oggi 2010-08-28

AVVENIRE

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20102010-08-26

26 agosto 2010

REGGIO CALABRIA

Bomba contro Di Landro

Alfano: vile intimidazione

Un ordigno è stato fatto esplodere davanti al portone dell'abitazione del procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro. L'esplosione ha mandato in frantumi i vetri delle finestre della casa del magistrato, che abita in un condominio, e di altre abitazioni vicine. Al momento della deflagrazione Di Landro si trovava in casa insieme alla moglie. Nessuno è rimasto ferito. Sul luogo dell'esplosione sono giunti, per le indagini, carabinieri e polizia di Stato, insieme al pm di turno della Procura della Repubblica di Reggio Calabria.

La zona in cui abita il magistrato si chiama Parco Casoria. Nell'edificio davanti al quale è stato fatto esplodere l'ordigno abitano, oltre a quella del magistrato, altre quattro famiglie, ma non c'è alcun dubbio, secondo gli investigatori, che l'intimidazione sia diretta contro il procuratore generale. Secondo quanto è emerso dai primi accertamenti, l'ordigno, collegato ad una miccia a lenta combustione, sarebbe stato confezionato con tritolo. In mattinata è stato convocata una riunione straordinaria del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.

"VOGLIONO FARMELA PAGARE"

"Contro di me, a partire dall'attentato a gennaio contro la Procura generale, c'è stata una tensione malevola e delittuosa crescente, da parte della criminalità organizzata, che si è personalizzata". Lo ha detto ai giornalisti il procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro. "Vogliono farmela pagare, evidentemente - ha aggiunto - per il fatto che ho sempre ed in ogni circostanza fatto il mio dovere di magistrato". Secondo Di Landro "dall'attentato del 3 gennaio l'attenzione negativa nei miei confronti è aumentata sempre più fino all'attentato della scorsa notte, che rappresenta il culmine di questa strategia. Evidentemente - ha proseguito - a qualcuno non sta bene che io abbia sempre agito senza infingimenti e sulla base di quella che ritenevo essere la verità, rispettandola fino in fondo".

LE REAZIONI

Numerose le reazioni all'attentato. Il Prefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta, parla di "una strategia criminale personalizzata che si collega alle iniziative sul piano giudiziario e processuale che sta portando avanti il procuratore Di Landro. Si tratta di un fatto gravissimo – aggiunge Varratta – cherientra in un'azione intimidatoria criminale precisa che parte dalla bomba del 3 gennaio contro la Procura generale e, passando attraverso il sabotaggio del giugno scorso contro l'auto del magistrato, arriva all'attentato della scorsa notte che, comunque, è un fatto ancora più grave perchè diretto contro la stessa persona del Procuratore generale".

Per il ministro della Giustizia Angelino Alfano, che ha espresso in una nota solidarietà al pg Di Landro, "questo ultimo ennesimo vile atto intimidatorio conferma la bontà dell'impegno finora profuso nel contrasto alla 'ndrangheta, ma ci impone di mantenere alto il livello di guardia". Per il Guardasigilli "la criminalità, come una bestia ferita è in difficoltà, ma proprio per questo siamo consapevoli di quanto possa essere pericolosa". "Questo ennesimo grave episodio si inserisce in una lunga scia di intimidazioni e minacce, iniziatalo scorso tre gennaio, nei confronti della magistratura calabrese tutta". Così il Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. "Certamente Di Landro rappresenta il più alto vertice della magistratura in Calabria ma non bisogna dimenticare - ha aggiunto Grasso - che sono stati messi proiettili sulle macchine di servizio, sottoposte a vigilanza e posteggiate nel palazzo di giustizia, di altri magistrati a riprova del fatto che si tratta di un piano di intimidazione generale e allargata. È in corso una sfida alle istituzioni culminata nel ritrovamento di una macchina con armi durante la visita a Reggio Calabria del presidente della Repubblica".

NAPOLITANO, NON ABBASSARE LA GUARDIA

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, appresa la notizia del gravissimo atto intimidatorio compiuto nella notte nei confronti del Procuratore generale presso la Corte di appello di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro, gli ha manifestato i suoi sentimenti di solidarietà e la vicinanza del paese.

Il Capo dello Stato ha, nell'occasione, ribadito il convinto apprezzamento già espresso per l'impegno e la professionalità della magistratura reggina, insieme alle forze dell'ordine, nel dare sviluppi e ottenere risultati senza precedenti nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata facente capo

all'ndrangheta. Tale azione si è intensificata anche aggredendo i patrimoni illeciti e scoprendo le pericolose ramificazioni e infiltrazioni dell'ndrangheta nella economia legale in Italia e fuori d'Italia.

Il gravissimo atto intimidatorio di oggi segue purtroppo altri gravi episodi e impone quindi a tutti di non abbassare la guardia. Insostituibile resta il ruolo della magistratura per il rispetto delle regole e l'affermazione dei principi di legalità, con il pieno sostegno di tutte le istituzioni.

 

 

 

 

 

 

CORRIERE della SERA

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2010-08-26

Reggio Calabria, nuovo atto di intimidazione contro i magistrati

Bomba sotto la casa del procuratore

Un ordigno è esploso sotto l'abitazione di Salvatore Di Landro. L'esplosione non ha però causato feriti

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NOTIZIE CORRELATE

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Reggio Calabria, bomba esplode davanti alla Procura generale (3 gennaio 2010)

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Il procuratore Di Landro: "La bomba a Reggio frutto di un accordo tra i clan" (4 gennaio 2010)

Reggio Calabria, nuovo atto di intimidazione contro i magistrati

Bomba sotto la casa del procuratore

Un ordigno è esploso sotto l'abitazione di Salvatore Di Landro. L'esplosione non ha però causato feriti

Il procuratore di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro (Ansa)

Il procuratore di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro (Ansa)

REGGIO CALABRIA - Un ordigno è stato fatto esplodere davanti al portone dell'abitazione del procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro. L'esplosione ha mandato in frantumi i vetri delle finestre della casa del magistrato, che abita in un condominio, e di altre abitazioni vicine. Al momento della deflagrazione Di Landro si trovava in casa insieme alla moglie. Nessuno è rimasto ferito.

IL MESSAGGIO DI NAPOLITANO - Appresa la notizia, il presidente della Repubblica ha manifestato a Di Landro i suoi sentimenti di solidarietà e la vicinanza del Paese. Il Capo dello Stato ha, nell'occasione, ribadito il "convinto apprezzamento già espresso per l'impegno e la professionalità della magistratura reggina, insieme alle forze dell'ordine, nel dare sviluppi e ottenere risultati senza precedenti nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata facente capo all'ndrangheta".

I PRECEDENTI - L'attentato segue quello del 3 gennaio scorso contro la sede della Procura generale reggina. In quell'occasione due persone, giunte sul posto a bordo di una moto, fecero esplodere davanti al portone dell'ufficio un ordigno di medio potenziale. Successivamente ci sono state una serie di intimidazioni ai danni di magistrati di Reggio Calabria nell'ambito di una strategia messa in atto dalla criminalità, secondo l'interpretazione che nè è stata data a livello investigativo e giudiziario, per delegittimarne l'operato. Buste con proiettili e minacce di morte sono state inviate, tra l'altro, al Procuratore della Repubblica, Giuseppe Pignatone, ed ai pm della Procura reggina Vincenzo Lombardo e Antonio De Bernardo.

ESCALATION - "Contro di me, a partire dall'attentato a gennaio contro la Procura generale, c'è‚ stata una tensione malevola e delittuosa crescente, da parte della criminalità organizzata, che si è personalizzata". Lo ha detto all'Ansa il Procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro, facendo riferimento alla bomba fatta esplodere la scorsa notte contro la sua abitazione. "Vogliono farmela pagare, evidentemente - ha aggiunto di Landro - per il fatto che ho sempre ed in ogni circostanza fatto il mio dovere di magistrato". "Dall'attentato del tre gennaio - ha aggiunto Di Landro - l'attenzione negativa nei miei confronti è aumentata sempre più fino all'attentato della scorsa notte, che rappresenta il culmine di questa strategia". "Evidentemente - ha detto ancora Di Landro - a qualcuno non sta bene che io abbia sempre agito senza infingimenti e sulla base di quella che ritenevo essere la verità, rispettandola fino in fondo". "Sono sempre stato in buona fede - ha aggiunto il magistrato - e ho sempre agito col massimo scrupolo, pur comprendendo che posso sbagliare anch'io, come tutti, ma sempre in buona fede. Una linea di condotta che ha sempre caratterizzato la mia gestione della Procura generale di Reggio Calabria, di cui ho assunto la guida nel novembre del 2009". Di Landro ha detto di essere "grato a quanti, soprattutto colleghi, mi stanno chiamando per esprimermi la loro solidarietà. Il mio cellulare ed il mio telefono di casa, da quando si è diffusa la notizia, non smettono un attimo di squillare".

Agenti al lavoro sul luogo dell'esplosione (Cufari)

Agenti al lavoro sul luogo dell'esplosione (Cufari)

L'INTERVENTO DI NAPOLITANO - La bomba contro la Procura generale di Reggio Calabria e le minacce ai magistrati indussero il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a compiere, nel gennaio scorso, una visita in città per esprimere la sua solidarietà e vicinanza ai magistrati. Il giorno della visita del Capo dello Stato, quando Napolitano comunque aveva già lasciato la città, fu trovata un'automobile, lasciata lungo il percorso seguito dal corteo presidenziale, contenente un consistente quantitativo di armi. La situazione richiamò anche l'attenzione del governo, tanto che il 28 gennaio a Reggio Calabria ci fu una riunione del Consiglio dei ministri, presieduta da Silvio Berlusconi, nel corso della quale fu approvato un piano straordinario per la lotta contro le mafie. (Fonte: Ansa)

 

26 agosto 2010

 

 

REPUBBLICA

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2010-08-28

ATTENTATO

Bombe a Reggio Calabria, dieci indagati

I magistrati: "Pessime condizioni di lavoro"

I presunti autori dell'attentato del 3 gennaio hanno un nome e un cognome. Forse legami con l´esplosione davanti alla casa di Di Landro

di GIUSEPPE BALDESSARRO

Bombe a Reggio Calabria, dieci indagati I magistrati: "Pessime condizioni di lavoro"

CATANZARO - Hanno un nome e cognome i presunti autori della bomba alla Procura generale di Reggio Calabria dello scorso 3 gennaio. Lo ha confermato lo stesso Procuratore del capoluogo calabrese Vincenzo Lombardo, che ha parlato di "un certo numero di iscrizioni sul registro degli indagati". Dieci personaggi in tutto, legati agli ambienti criminali della città dello Stretto. Uomini di 'ndrangheta, che con ruoli diversi avrebbero partecipato alla spedizione contro gli uffici giudiziari di via Cimino. Manovalanza ma non solo.

Entrati in azione con l'intento di alimentare una sorta di strategia della tensione ai danni dei magistrati reggini. Un obiettivo perseguito nel tempo e quindi non solo con l'ordigno fatto esplodere l'inverno scorso. Un botto che quindi non ebbe solo l'effetto di far saltare il portone d'ingresso della Procura e di apparire con un'aperta sfida allo Stato. Ma anche quello di essere inserito in un programma più articolato. Di cui potrebbe far parte anche la bomba al palazzo del Procuratore generale, Salvatore Di Landro, innescata nella notte tra martedì e mercoledì.

Ai nomi degli indagati, i carabinieri sarebbero arrivati muovendo su tre direttrici. La prima è quella dell'analisi del filmato del sistema di video sorveglianza della stessa Procura. Immagini che hanno ripreso tutte le fasi dell'attentato: l'arrivo dei dinamitardi, la collocazione della bomba e la fuga. Il secondo filone investigativo si è invece incentrato sull'analisi della bomba, costruita con materiali e modalità simili ad altri attentati contro esercizi commerciali della città e della provincia. La terza direttrice seguita è invece quella dell'indagine classica, fatta di intercettazioni e riscontri. Incrociando i dati ne sarebbe emerso un quadro complesso, che ora si arricchirà con i nuovi elementi a cui sta lavorando la squadra mobile reggina, titolare dell'indagine sul secondo episodio dinamitardo. Ieri, una prima informativa è arrivata a Catanzaro, dove il fascicolo è stato assegnato al Procuratore aggiunto vicario, Salvatore Murone. E' lui il magistrato incaricato di incrociare i dati dei due fascicoli che, a questo punto, potrebbero essere riuniti.

Intanto, in un'affollata assemblea, convocata ieri mattina dall'Anm di Reggio Calabria, è affiorata l'insofferenza dei magistrati reggini che "si sentono nel mirino". Una riunione per fare il punto della situazione, ma ancor più per protestare per le condizioni in cui gli uffici giudiziari del distretto sono costretti a lavorare. Le toghe, hanno invitato i ministri Angelino Alfano e Roberto Maroni a partecipare ad un'iniziativa che si svolgerà il prossimo 8 settembre. Ed è quella sede nella quale ripeteranno che "sono stanchi di parole e solidarietà inutili, ma che ora servono i fatti".

Azioni precise a partire dai numeri. "A fronte di 800 arresti per mafia negli ultimi 8 mesi - è stato spiegato - gli uffici del tribunale registrano mancanze per un terzo dell'organico, sia di magistrati che di personale di cancelleria". Per farsi un'idea i magistrati fanno l'esempio della Corte d'Appello "che attualmente gestisce 33 grossi processi di mafia, con 320 imputati (111 detenuti), potendo contare solo su 5 giudici".

(28 agosto 2010)

 

 

 

 

2010-08-26

'NDRANGHETA

Reggio, nuova attacco delle cosche

bomba contro la casa del Procuratore

L'ordigno nella notte, in una zona centrale e particolarmente controllata: nessun ferito. Il magistrato era in casa con la moglie. Il procuratore Antimafia Grasso: "Prosegue la sfida alle istituzioni" di GIUSEPPE BALDESSARRO

Reggio, nuova attacco delle cosche bomba contro la casa del Procuratore Il pg di Reggio Calabria Salvatore Di Landro

REGGIO CALABRIA - Questa volta il segnale è stato chiarissimo. Non ci sono dubbi sul fatto che nel mirino ci sia il Procuratore Generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro. Stanotte, pochi minuti prima delle 2, una bomba è stata fatta esplodere davanti al portone del palazzo in cui vive il magistrato reggino. Un boato che ha divelto il portone d'ingresso, devastato l'atrio e procurato danni ad alcune abitazioni vicine. Solo danni materiali, per fortuna nessun ferito. Di Landro abita tra l'altro in pieno centro, a Parco Caserta, zona residenziale della città dello Stretto. Un dedalo di viuzze molto frequentate a tutte le ore, anche in agosto.

"Contro di me, a partire dall'attentato a gennaio contro la Procura generale, c'é stata una tensione malevola e delittuosa crescente, da parte della criminalità organizzata, che si è personalizzata", ha dichiarato Di Landro, facendo riferimento alla bomba fatta esplodere la scorsa notte contro la sua abitazione. "Vogliono farmela pagare, evidentemente, per il fatto che ho sempre ed in ogni circostanza fatto il mio dovere di magistrato".

"Questo ennesimo grave episodio si inserisce in una lunga scia di intimidazioni e minacce, iniziata lo scorso tre gennaio, nei confronti della magistratura calabrese tutta", ha detto il Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. "E' in corso una sfida alle istituzioni culminata", ha ricordato, "nel ritrovamento di una macchina con armi durante la visita a Reggio Calabria del presidente della Repubblica".

Secondo il presidente del senato, Renato Schifani, si è trattato di un "attacco al cuore dello Stato. Un gesto di gravissima violenza criminale che deve essere condannato duramente dalle istituzioni e da tutti gli italiani che credono e si battono per la legalità". E solidarietà ha espresso anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ha condannato "con fermezza questo gravissimo attentato", esprimento al procuratore generale "la più sincera solidarietà e il più vivo ringraziamento per il Suo impegno, a nome mio personale e della Camera dei deputati". Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha manifestato i suoi sentimenti di solidarietà e la vicinanza del paese ribadendo "il convinto apprezzamento già espresso per l'impegno e la professionalità della magistratura reggina, insieme alle forze dell'ordine, nel dare sviluppi e ottenere risultati senza precedenti nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata facente capo all'ndrangheta. Tale azione si è intensificata anche aggredendo i patrimoni illeciti e scoprendo le pericolose ramificazioni e infiltrazioni dell'ndrangheta nella economia legale in Italia e fuori d'Italia".

La bomba, confezionata molto probabilmente con del tritolo, è stata collocata sulla soglia del portone d'ingresso allo stabile di sei piani, che si affaccia direttamente sulla strada. Per arrivarvi non è quindi necessario superare alcuna barriera. Un ordigno innescato probabilmente da una miccia a lenta combustione, che ha sradicato il portone, provocato lesioni all'atrio e mandato fuori uso l'ascensore. Il Procuratore Generale della Corte d'Appello, al momento dell'esplosione era in casa con la moglie. I primi rilievi sono stati fatti dalla polizia scientifica e dagli artificieri della polizia, che hanno raccolto sul posto alcuni frammenti della bomba e messo in sicurezza l'area bonificando - per il timore di altri ordigni - l'intera strada. Poche decine di minuti dopo l'allarme a casa Di Landro c'erano il procuratore aggiunto Nicola Gratteri, il magistrato di turno Danilo Riva e il questore di Reggio Calabria Carmelo Casabona con Diego Trotta, uno dei dirigenti della squadra mobile.

Quello di ieri è solo l'ultimo degli episodi che si sono registrati ai danni di magistrati reggini. Dalla giorno della bomba di fronte al portone della Procura Generale 1 (il 2 gennaio scorso) ad oggi l'elenco delle toghe minacciate è particolarmente lungo. Ad inizio anno, una bombola di gas innescata con del tritolo fece tremare l'ingresso degli uffici della Procura generale in via Cimino, a poche decine di metri dal Tribunale nel quale è ospitata la Corte d'Appello di Reggio. Nei mesi successivi sono state intercettate una serie di lettere di minacce con proiettili inviate ai pm Giuseppe Lombardo (due volte) e Antonio Di Bernardo della Dda e una missiva intimidatoria fu indirizzata anche al Procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone. Fino all'auto carica di esplosivo trovata a genneaio sul percorso previsto per la visita di solidarietà del presidente della Repubblica Napolitano 2.

Ci sono poi almeno due sabotaggi ad auto di giudici. Tra giugno e luglio infatti sono state svitati i bulloni delle ruote delle auto di servizio dello stesso Di Landro e del sostituto procuratore generale Adriana Fimiani. Nel caso del Procuratore Generale la ruota si staccò in un momento in cui Di Landro non era a bordo e il suo autista stava andando a velocità ridotta per delle commissioni in città. Un altro episodio inquietante ha visto protagonista ai primi di agosto il Procuratore di Palmi Giuseppe Creazzo. Qualcuno ha infatti lasciato una cartuccia caricata a pallettoni sul parabrezza della sua auto di servizio parcheggiata all'interno del garage nel quale sono custodite tutte le macchine dei magistrati reggini, nel seminterrato del Tribunale. Messaggi mafiosi, con i quali la 'ndrangheta continua a dimostrare che è in grado di colpire chiunque e in qualsiasi posto.

Intanto, il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica della provincia di Reggio Calabria, riunitosi questa mattina in prefettura, ha deciso di potenziare la scorta al procuratore generale Di Landro. Nel corso del vertice, presieduto dal prefetto di Reggio Calabria Luigi Varratta, al quale hanno patecipato i vertici delle forze dell'ordine e il presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti, è stato anche deciso di attuare la vigilanza fissa dell'abitazione dello stesso magistrato.

(26 agosto 2010)

 

 

 

Il presidente della Repubblica ha elogiato il governo per la lotta alla criminalità: "Impegno molto positivo"

ed è tornato sugli incidenti della piana di Gioia Tauro. "Sull'immigrazione vanno garantite integrazione e legalità"

Calabria, intimidazione a Napolitano

Un'auto con bombe e armi sul tragitto

La vettura era nei pressi dell'aeroporto. A bordo due fucili, due pistole, due ordigni, benzina e passamontagna

Gli inquirenti: "Atto intimidatorio". Il capo della procura di Reggio: "Continueremo a fare il nostro lavoro"

di GIUSEPPE BALDESSARRO

Calabria, intimidazione a Napolitano Un'auto con bombe e armi sul tragitto L'auto ritrovata nei pressi dell'aeroporto di Reggio Calabria

REGGIO CALABRIA - Una Fiat Marea rubata, con due fucili, due pistole, due ordigni rudimentali, una tanica di benzina e tre passamontagna è stata trovata in via Ravagnese Superiore a cento metri dall'aeroporto di Reggio Calabria, nelle vicinanze del tragitto che doveva seguire il presidente della Repubblica durante la sua visita nella città calabrese. "Non si esclude un'intimidazione" dice un magistrato antimafia, "forse una sfida della 'ndrangheta". Dopo la scoperta sono entrati in azione gli artificieri. Sono stati i carabinieri del comando provinciale a trovarla, durante un'opera di bonifica in vista del passaggio del capo dello Stato che stava partendo dopo aver partecipato alla Giornata della legalità. Napolitano è comunque riuscito a partire regolarmente.

L'auto è stata individuata da una pattuglia intorno alle 12.30, regolarmente parcheggiata, ma non chiusa e con un finestrino semiaperto. La vettura, di colore nero, era stata rubata nei giorni scorsi a Reggio Calabria. All'interno i carabinieri hanno trovato due fucili semiautomatici da caccia calibro 12 con le canne tagliate. Poi, sotto il sedile del guidatore sono state rinvenute due pistole, una calibro 7.65 ed una 38 a tamburo, e due ordigni rudimentali, un composto da un tubo lungo una trentina di centimetri e largo 12 ed un altro di 15 centimetri per 12, collegati con una miccia a lenta combustione e tre passamontagna di colore verde. Nel bagagliaio, infine, è stata trovata una tanica da due litri con liquido infiammabile alla quale erano attaccati fiammiferi antivento. Secondo i carabinieri, gli ordigni e le armi, con ogni probabilità, dovevano servire a compiere attentati di intimidazione nei confronti di commercianti o imprenditori. Ma i magistrati non escludono altre ipotesi.

"La scoperta dell'auto nei pressi dell'aeroporto di Reggio Calabria durante la visita dal capo dello Stato può benissimo essere un atto intimidatorio, una sorta di sfida lanciata dalla 'ndrangheta", dicono gli inquirenti che collegano l'episodio di oggi con quanto accaduto lo scorso 3 gennaio 1 con la bomba artigianale fatte esplodere davanti gli uffici giudiziari di Reggio. "E' strano - si fa notare - che dei criminali viaggino con un arsenale a bordo di un'auto durante la visita del presidente della repubblica, durante la quale, chiaramente, vengono rafforzate tutte le misure di sicurezza e controlli nelle strade". D'alta parte, però sottolineano gli stessi magistrati "il fatto rappresenta anche un segno di debolezza della criminalità organizzata calabrese messa a dura prova dalle continue operazioni e indagini che l'antimafia sta portando avanti nel paese".

Il capo della procura. "Qualunque sia la verità che si cela dietro il rinvenimento dell'auto-arsenale noi magistrati continueremo a fare il nostro lavoro", ha detto il capo della procura di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, il quale non nasconde che l'auto con l'esplosivo dimostra "che Reggio in questo momento sta vivendo una situazione di difficoltà. Comunque - ha aggiunto - siamo in attesa di avere maggiori dettagli sulla vicenda dai Carabinieri che stanno conducendo le indagini sull'auto ritrovata. Solo così potremo inquadrare meglio l'episodio".

La visita del presidente. In precedenza il capo dello Stato aveva parlato dei fatti di Rosarno. "Sono accadute cose brutte, pesanti - ha detto Napolitano - Uno scoppio di insofferenza che ha mostrato il peggio di ciò che si era accumulato nell'animo dei cittadini e degli immigrati. E' nostra responsabilità collettiva di rapresentanti dello Stato non aver saputo prevenire ciò che avremmo dovuto prevenire. Ora dobbiamo evitare che si ripeta e respingere luoghi comuni e pregiudizi che indicano la Calabria come luogo di intolleranza e di razzismo".

Il presidente della Repubblica ha chiesto "ordine e legalità nel mercato del lavoro" e nella regolamentazione dell'immigrazione. Solo così si può "avere futuro e sviluppo" invitando tutti a "lottare contro la criminalità e l'intolleranza". Il Capo dello Stato, che aveva ricevuto in prefettura i vertici della magistratura, delle istituzioni e delle organizzazioni impegnate contro il crimine organizzato, ha voluto sottolineare come "ci siano segni confortanti". "L'impegno del governo in questi giorni è molto positivo", ha detto Napolitano ribadendo il proprio sostegno alle forze dell'ordine, alle istituzioni e alla società civile impegnata nella lotta contro il crimine organizzato.

All'incontro c'erano il procuratore nazionale Pietro Grasso, il procuratore generale Salvatore Di Landro, il procuratore della Repubblica, Giuseppe Pignatone, il procuratore di Palmi, Giuseppe Creazzo e il procuratore Antimafia, Franco Gratteri. E' stato un vero e proprio vertice per fare il punto - oltre che sull'immigrazione, anche su quella che è stata definita ieri da Napolitano "forse la più insidiosa organizzazione criminale" operante nel nostro Paese. All'incontro hanno partecipato il prefetto di Reggio Calabria, Varratta, e i comandanti dei Carabinieri, Mazzucca, e della Guardia di Finanza, Vatta.

Il capo dello Stato ha parlato di una battaglia condotta "con intelligenza, tenacia e preofessionalità" dalla magistratura calabrese contro la 'ndrangheta segna una svolta che promette molto bene per il futuro della Calabria. Stiamo vivendo una pagina nuova nella storia di questa regione".

In tarda mattinata al liceo artistico Mattia Preti c'è stato un incontro pubblico in occasione della Giornata della legalità promossa dalle consulte degli studenti calabresi con la partecipazione del ministro dell'istruzione Mariastella Gelmini. "Oggi ricordiamo, e per questo è un'occasione importantissima, quanti hanno pagato con il sacrificio della vita la loro testimonianza di fedeli servitori dello Stato", ha detto il ministro dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini, nel corso dell'iniziativa. "Noi - ha aggiunto - dobbiamo sempre tenere viva la loro memoria. Da questa terra, da cui partì giovanissimo, il giudice Antonino Scopelliti servì fedelmente il suo Paese rifiutando ogni forma di compromesso. Insieme a lui ricordiamo quanti hanno fino in fondo sacrificato la loro vita e che il loro insegnamento diventi stella polare nella lotta alla mafia".

A conclusione dell'iniziativa sulla legalità, Napolitano ha incontrato tre degli immigrati rimasti feriti nel corso degli incidenti accaduti a Rosarno. Il capo dello Stato ha stretto la mano ai tre extracomunitari, sincerandosi delle loro condizioni di salute.

(21 gennaio 2010)

 

L'UNITA'

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2010-08-26

Bomba contro casa procuratore Reggio Calabria

Un ordigno e' stato fatto esplodere davanti al portone dell'abitazione del procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro. L'esplosio ne ha mandato in frantumi i vetri delle finestre della casa del magistrato, che abita in un condominio, e di altre abitazioni vicine. Al momento della deflagrazione Di Landro si trovava in casa insieme alla moglie. Nessuno e' rimasto ferito.

Sul luogo dell'esplosione sono giunti, per le indagini, carabinieri e polizia di Stato, insieme al pm di turno della Procura della Repubblica di Reggio Calabria. L'edificio in cui abita Di Landro si affaccia sulla pubblica via e per arrivare al portone, dunque, non bisogna superare alcun cancello. L'esplosione ha provocato danni gravi anche al portone dell'edificio in cui abita Di Landro. Il palazzo, invece, non ha subito danni strutturali.

La zona in cui abita il magistrato si chiama Parco Casoria. Nell'edificio davanti al quale e' stato fatto esplodere l'ordigno abitano, oltre a quella del magistrato, altre quattro famiglie, ma non c'e' alcun dubbio, secondo gli investigatori, che l'intimidazione sia diretta contro il procuratore generale. Secondo quanto e' emerso dai primi accertamenti, l'ordigno, collegato ad una miccia a lenta combustione, sarebbe stato confezionato con tritolo.

IL PRECEDENTE

L'attentato fatto la scorsa notte contro l'abitazione del procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro, segue quello del 3 gennaio scorso contro la sede della Procura generale reggina. In quell'occasione due persone, giunte sul posto a bordo di una moto, fecero esplodere davanti al portone dell'ufficio un ordigno di medio potenziale. Successivamente ci sono state una serie di intimidazioni ai danni di magistrati di Reggio Calabria nell'ambito di una strategia messa in atto dalla criminalita', secondo l'interpretazione che ne' e' stata data a livello investigativo e giudiziario, per delegittimarne l'operato. Buste con proiettili e minacce di morte sono state inviate, tra l'altro, al Procuratore della Repubblica, Giuseppe Pignatone, ed ai pm della Procura reggina Vincenzo Lombardo e Antonio De Bernardo.

La bomba contro la Procura generale di Reggio Calabria e le minacce ai magistrati indussero il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a compiere, nel gennaio scorso, una visita in citta' per esprimere la sua solidarieta' e vicinanza ai magistrati. Il giorno della visita del Capo dello Stato, quando Napolitano comunque aveva gia' lasciato la citta', fu trovata un'automobile, lasciata lungo il percorso seguito dal corteo presidenziale, contenente un consistente quantitativo di armi. La situazione richiamo' anche l'attenzione del Governo, tanto che il 28 gennaio a Reggio Calabria ci fu una riunione del Consiglio dei Ministri, presieduta da Silvio Berlusconi, nel corso della quale fu approvato un piano straordinario per la lotta contro le mafie.

26 agosto 2010

 

 

Grasso: prosegue la sfida della mafia

E' 'l'ennesimo grave episodio di una lunga scia di intimidazioni e minacce' Cosi' Pietro Grasso, sulla bomba al pg Di Landro. Per il procuratore nazionale antimafia, 'e' in corso una sfida alle istituzioni'. Solidarieta' al magistrato e' giunta dal presidente Michele Vietti a nome del Csm. Il presidente della Camera Fini ha condannato 'il vile attacco' mentre il presidente dell'Anm Palamara rinnova la richiesta di adeguate forme di protezione nei confronti dei magistrati.

26 agosto 2010

il SOLE 24 ORE

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2010-08-26

Nella Reggio Calabria della bomba al procuratore auto e negozi bruciano ogni notte

di Mario MeliadòCronologia articolo26 agosto 2010

Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2010 alle ore 15:41.

REGGIO CALABRIA. Sotto casa la bomba della Santa – massì, la ‘ndrangheta come la chiama davvero chi ne fa parte, sgarrista o trequartino che sia – Salvatore Di Landro l'ha fatta esplodere a metà dicembre 2009: quando è stato nominato procuratore generale presso la Corte d'appello di Reggio Calabria.

Secondo molti osservatori, fino a quel giorno quella postazione era stata una terra di nessuno, buona ad alimentare veleni (vedi il recente trasferimento per incompatibilità ambientale del sostituto pg Francesco Neri, che in anticipo di 30 anni firmò la prima inchiesta sulle "navi dei veleni") o a sfrondare le condanne inflitte ai mafiosi in primo grado.

Certo, Di Landro (al quale il Comitato per l'ordine e la sicurezza ha subito potenziato la scorta) la testa non la piegherà: "Questo atto mi spinge solo a fare il mio lavoro sempre con la massima determinazione. Sono sereno ma, al tempo stesso, indignato per una reazione del crimine organizzato che – evidenzia – non doveva poter avere luogo". La persecuzione ai suoi danni ha inizio il 3 gennaio di quest'anno: a pochi giorni dall'insediamento, la ‘ndrangheta gli fa sapere come la pensa sull'espletamento del suo mandato, piazzando un serio ordigno – per fortuna inesploso – davanti agli uffici che ospitano la Procura generale, nel cuore della città.

Quattro giorni dopo, la vigilanza delle forze dell'ordine è massima e l'attentato provoca un diluvio d'iniziative istituzionali e attestati di solidarietà, dalla visita in Procura del segretario nazionale del Pd Pierluigi Bersani all'arrivo a Reggio Calabria di una delegazione del Csm.

Questo disturba i business della ‘ndrangheta, che opta per un diversivo. Il 7 gennaio scoppia la rivolta degli extracomunitari a Rosarno: le cosche Pesce e Bellocco fomenteranno la reazione violenta dei rosarnesi finché gli africani – sfruttati come agrumicoltori alla stregua di schiavi, nell'indifferenza generale – saranno cacciati via. Forze dell'ordine e media nazionali si concentrano su questo, il caso-Reggio pare dimenticato anche se, durante la visita nel capoluogo di Giorgio Napolitano, qualcuno "dimentica" sul percorso del presidente un'auto piena d'armi. Di sicuro, perfino nella prima seduta del Consiglio dei ministri (una novità assoluta in Calabria), il 28 gennaio, accanto all'imponente Piano antimafia, il governo Berlusconi deve varare anche un monitoraggio sul lavoro nero al Sud e annunciare che il commissariamento del Comune di Rosarno (sciolto per mafia mentre sindaco era Carlo Martelli) sarà prorogato.

Solo uno spicchio di Reggio Calabria non abbassa la guardia: realtà come Libera (l'associazione antimafia di don Luigi Ciotti che, con Tano Grasso, lancia ReggioliberaReggio, movimento per l'auto-liberazione di commercianti e imprenditori dalla legge del "pizzo") e Reggio Non Tace, gruppo di associazioni che, da quel 3 gennaio, il 3 di ogni mese si riuniscono per dire "no" alla tracotanza dei clan.

Ma due mesi fa gli sgherri delle ‘ndrine allentano i bulloni dell'auto di servizio del procuratore generale: stavolta poteva finire davvero male. "Prima gli uffici della Procura, poi la macchina. In questa escalation ora potrebbe esserci solo un attacco diretto al procuratore", ammonisce il referente reggino di Libera, Domenico Nasone. "Noi già oggi manifesteremo contro la ‘ndrangheta ma, soprattutto, continueremo nel nostro impegno antimafia nelle scuole e tra la gente".

Resta il fatto che da queste parti alle intimidazioni si è quasi assuefatti. Veicoli e negozi vengono bruciati ogni notte. Altri magistrati finiscono nel mirino, come a febbraio il sostituto procuratore di Crotone Pierpaolo Bruni, nel maggio scorso – per la seconda volta di fila – il pm Giuseppe Lombardo, che indaga su un tema delicatissimo come le collusioni politica-‘ndrangheta, poi il collega Antonio De Bernardo.

E chi amministra la cosa pubblica è tra i primi bersagli. Nelle settimane scorse, prima una busta contenente pallini per fucile da caccia è stata spedita al sindaco reggino Giuseppe Raffa, poi una busta con una sospetta sostanza biancastra (si temeva fosse antrace) è stata recapitata a Catanzaro, al presidente della Regione Giuseppe Scopelliti, reggino anche lui.

"Intimidazioni che sono facce differenti di una medesima "strategia della tensione" volta a destabilizzare il sistema, scardinare le istituzioni e a impedire che Reggio e la Calabria siano posti normali – commenta il primo cittadino –. Certo, fino a gennaio le intimidazioni ai giudici riguardavano semmai procuratore della Repubblica e Dda: il mutare degli obiettivi è un chiaro segnale che qualcosa è cambiato".

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